QUANDO VADO A PORCINI CERCO MOLTO DI PIU.
Se lo scopo di tutto l’ impegno che metto per i
funghi fosse solo quello di portare a
casa un kg di porcini, sono certo che mi sarei già stancato da molto tempo e
sicuramente spenderei meno soldi e minore fatica comprandoli al mercato.
Invece
da sempre vado per boschi e per monti, a cercare funghi, pescare trote o
semplicemente a camminare e non sono affatto stanco.
I
funghi durano poco nel frigo ma ciò che porto a casa, spesso rimane nel
mio vissuto e non lo scordo più come quella volta che sono stato testimone
della scomparsa della valle del Bidente a Ridracoli.
LA SCOMPARSA DELLA VALLE.
Tanti anni fa, prima che costruissero la diga per
fermare l’acqua del Bidente, in compagnia di Lucio risalivo spesso quel
torrente canterino a pesca di trote.
L’acqua viva con la schiuma bianca saltellava qua e là fra i
sassi nelle piccole rapide, poi si calmava in una pozza profonda dove rifletteva
l’immagine della quinta verde che la isolava e spariva sotto le fronde. L’aria
spostata dalla corrente portava un profumo che sapeva di buono, di acqua e di
piante, in primavera frizzante, d’estate
intenso.
Dopo alcune ore di cammino, sudati, con quella stanchezza buona addosso che ti
faceva sentire bene, si sedeva sui gradini di una scala vicino a una sorgente in mezzo ad un gruppo
di edifici in pietra abbandonati. Fra un morso al panino e un commento
scherzoso sulla pesca, si osservava e si ascoltava.
L’edificio principale aveva l’ingresso sotto un
porticato e c’era ancora la vecchia ruota arrugginita di un aratro con un forno
a legna mezzo diroccato e nero di fuliggine. Era il luogo del lavoro per gli
uomini nei giorni della pioggia a riparare gli attrezzi di lavoro e per le
donne a sgranare le pannocchie e cuocere il pane. Di lato, una porticina con una scaletta
portava al piano seminterrato e alla stalla, mentre gli altri edifici più
piccoli si aggrovigliavano con quello a formare un complesso unico, dove era difficile
distinguere gli spazi per gli uomini da
quelli degli animali e dove forse i bambini giocavano a nascondersi e
rincorrersi.
Erano pietre antiche quelle sotto i nostri occhi,
raccontavano di persone che lì erano nate e vissute senza mai allontanarsi, e
testimoniavano di un mondo perduto.
Alcuni anni dopo la grande
diga che avrebbe dissetato l’intera Romagna era completata e noi avevamo
assistito al lento risalire dell’acqua negli ultimi giorni di esistenza della
valle misteriosa.
Il mezzo scelto per
osservare il lago in formazione era una grossa canoa in vetroresina,
mostruosamente pesante da trasportare giù per la ripida mulattiera in mezzo all’abetaia
con i tronchi imponenti che profumavano di resina. Non fosse stato per la
missione da compiere e la sacralità del luogo, in più di un’occasione avremmo
lasciato la canoa al suo destino, abbandonata sotto uno di quei monumenti.
Improvvisamente come sbucata
dal nulla proprio davanti ai nostri occhi, era comparsa una lunga linea
orizzontale nella vegetazione; sopra, il bosco conosciuto, sotto, solo un groviglio di rami e arbusti
tagliati e il torrente denudato non aveva più alcun mistero.
La fatica non era più
compensata ma si procedeva e la lunga linea degli alberi tagliati era sempre
più in alto. In realtà eravamo noi a scendere e ci sembrava di sentire l’oppressione
dell’acqua che presto sarebbe arrivata fin lassù, poi…. eccola:
l’acqua che risaliva era
sotto i nostri piedi;
silenziosa, profonda,
apparentemente ferma.
Non c’era allegria mentre
appoggiavamo la canoa in quell’acqua sconosciuta e un forte senso di malinconia
ci aveva presi poco più a valle dopo aver superato il crinale che nascondeva il
gruppo di edifici a noi familiari;
l’acqua li stava
sommergendo.
Dalla finestra al primo
piano dell’edificio proprio davanti alla
punta della canoa, si poteva guardare dentro la camera da letto ed era piena della stessa acqua
sulla quale noi galleggiavamo.
Attorno solo acqua,
silenzio e nessun racconto. Il torrente non cantava più, la magica valle e le
sue storie erano rimaste in fondo al lago e mai sarebbero riemerse.
Certo, era un prezzo modesto a confronto dei benefici;
però…..
UN NUOVO
MODO PER ANDARE A PORCINI.
La ricerca è essa stessa piacere, con emozioni che si
possono provare solo in quel modo e in quel bosco. Ogni volta imparo cose nuove e porto a casa nuove esperienze, non solo di
funghi e mi arricchisco.
Nella mia ricerca dei porcini provo a unire l’esperienza con l’innovazione e il
piacere di condividere le emozioni.
Una fotografia permette di condividere il piacere di
una bella raccolta ma ci sono anche delle emozioni che nella fotografia non ci
stanno.
L’amico Quercioli che ringrazio per il commento, ha
commentato sul blog “nei tuoi post si nota tutta la passione che nel tuo caso arriva
dal bosco fino al web”. Io non so se riesco a fare quello che dice Quercioli ma
sono sicuro che in tanti si potrebbe fare e se qualcuno avesse voglia di raccontare l’incontro
con una sua emozione nel bosco, sarebbe un bell'inizio.
Lo spazio dei commenti nel post è a disposizione.
Nessun commento:
Posta un commento