Funghi

Funghi

mercoledì 12 ottobre 2016

QUANDO VADO A PORCINI CERCO MOLTO DI PIU.

Se lo scopo di tutto l’ impegno che metto per i funghi  fosse solo quello di portare a casa un kg di porcini, sono certo che mi sarei già stancato da molto tempo e sicuramente spenderei meno soldi e minore fatica comprandoli al mercato.
Invece da sempre vado per boschi e per monti, a cercare funghi, pescare trote o semplicemente a camminare e non sono affatto stanco.
I funghi durano poco nel frigo ma ciò che porto a casa, spesso rimane nel mio vissuto e non lo scordo più come quella volta che sono stato testimone della scomparsa della valle del Bidente a Ridracoli.


LA SCOMPARSA DELLA VALLE.
Tanti anni fa, prima che costruissero la diga per fermare l’acqua del Bidente, in compagnia di Lucio risalivo spesso quel torrente canterino a pesca di trote.
L’acqua viva con la schiuma bianca saltellava qua e là fra i sassi nelle piccole rapide, poi si calmava in una pozza profonda dove rifletteva l’immagine della quinta verde che la isolava e spariva sotto le fronde. L’aria spostata dalla corrente portava un profumo che sapeva di buono, di acqua e di piante, in primavera frizzante, d’estate  intenso.
Dopo alcune ore di cammino, sudati,  con quella stanchezza buona addosso che ti faceva sentire bene, si sedeva sui gradini di una scala  vicino a una sorgente in mezzo ad un gruppo di edifici in pietra abbandonati. Fra un morso al panino e un commento scherzoso sulla pesca, si osservava e si ascoltava.
L’edificio principale aveva l’ingresso sotto un porticato e c’era ancora la vecchia ruota arrugginita di un aratro con un forno a legna mezzo diroccato e nero di fuliggine. Era il luogo del lavoro per gli uomini nei giorni della pioggia a riparare gli attrezzi di lavoro e per le donne a sgranare le pannocchie e cuocere il pane.  Di lato, una porticina con una scaletta portava al piano seminterrato e alla stalla, mentre gli altri edifici più piccoli si aggrovigliavano con quello a formare un complesso unico, dove era difficile distinguere gli spazi  per gli uomini da quelli degli animali e dove forse i bambini giocavano a nascondersi e rincorrersi.
Erano pietre antiche quelle sotto i nostri occhi, raccontavano di persone che lì erano nate e vissute senza mai allontanarsi, e testimoniavano di un mondo perduto.
Alcuni anni dopo la grande diga che avrebbe dissetato l’intera Romagna era completata e noi avevamo assistito al lento risalire dell’acqua negli ultimi giorni di esistenza della valle misteriosa.
Il mezzo scelto per osservare il lago in formazione era una grossa canoa in vetroresina, mostruosamente pesante da trasportare giù per la ripida mulattiera in mezzo all’abetaia con i tronchi imponenti che profumavano di resina. Non fosse stato per la missione da compiere e la sacralità del luogo, in più di un’occasione avremmo lasciato la canoa al suo destino, abbandonata sotto uno di quei monumenti.
Improvvisamente come sbucata dal nulla proprio davanti ai nostri occhi, era comparsa una lunga linea orizzontale nella vegetazione; sopra, il bosco conosciuto,  sotto, solo un groviglio di rami e arbusti tagliati e il torrente denudato non aveva più alcun mistero.
La fatica non era più compensata ma si procedeva e la lunga linea degli alberi tagliati era sempre più in alto. In realtà eravamo noi a scendere e ci sembrava di sentire l’oppressione dell’acqua che presto sarebbe arrivata fin lassù, poi…. eccola:
l’acqua che risaliva era sotto i nostri piedi;
silenziosa, profonda, apparentemente ferma.
Non c’era allegria mentre appoggiavamo la canoa in quell’acqua sconosciuta e un forte senso di malinconia ci aveva presi poco più a valle dopo aver superato il crinale che nascondeva il gruppo di edifici a noi familiari;
l’acqua li stava sommergendo.
Dalla finestra al primo piano dell’edificio  proprio davanti alla punta della canoa, si poteva guardare dentro la camera  da letto ed era piena della stessa acqua sulla quale noi galleggiavamo.
Attorno solo acqua, silenzio e nessun racconto. Il torrente non cantava più, la magica valle e le sue storie erano rimaste in fondo al lago e mai sarebbero riemerse.
Certo, era un prezzo modesto a confronto dei benefici; però…..


UN NUOVO MODO PER ANDARE A PORCINI.
La ricerca è essa stessa piacere, con emozioni che si possono provare solo in quel modo e in quel bosco. Ogni volta  imparo cose nuove e  porto a casa nuove esperienze, non solo di funghi e mi arricchisco.
Nella mia ricerca dei porcini provo a unire l’esperienza con l’innovazione e il piacere di condividere le emozioni.
Una fotografia permette di condividere il piacere di una bella raccolta ma ci sono anche delle emozioni che nella fotografia non ci stanno.
L’amico Quercioli che ringrazio per il commento, ha commentato sul blog “nei tuoi post si nota tutta la passione che nel tuo caso arriva dal bosco fino al web”. Io non so se riesco a fare quello che dice Quercioli ma sono sicuro che in tanti si potrebbe fare  e se qualcuno avesse voglia di raccontare l’incontro con una sua emozione nel bosco, sarebbe un bell'inizio.

Lo spazio dei commenti nel post è a disposizione. 

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